Il madrigale - Brevi cenni su una dignità letteraria e musicale - di Francesco Marsili
Da sempre la nostra tradizione letteraria ha potuto vantare una cospicua varietà di forme espressive, capaci (anche se non sempre) di superare l'ostacolo geografico e di diffondersi nel mondo. Volendo proseguire l'indagine dell'esimio collega Di Prospero che nel precedente numero ha mostrato l'infinità dei quattordici versi del Sonetto, in questo numero illustrerò la dignità letteraria e musicale di una forma meno fortunata ma non per questo meno importante: il Madrigale.
Etimologia del nome Madrigale
Risalire alle origini della termine madrigale è un'impresa difficile, se non addirittura impossibile: molte sono le ipotesi formulate nel tempo dai linguisti e tutte hanno uno o più motivi per essere ritenute poco attendibili. Resta convenzionalmente valida la teoria formulata da Antonio da Tempo, che vuole il nome madrigale discendere prima da mandriale e poi da madriale (termini che fanno riferimento al mondo della pastorizia).
Le origini
Anche risalire a un inventore di questa forma poetica non è facile: sappiamo, comunque, che il madrigale fa la sua comparsa in Italia intorno alla prima metà del secolo XIV e si presenta come un componimento popolare. Ben presto la sua novità attira i principali esponenti della poesia del periodo, primo fra tutti Dante, che ne scrisse diversi nel periodo di stesura del Purgatorio (questi videro la luce solo dopo la sua morte); Petrarca, nel suo Canzoniere, ne inserirà quattro.
La definitiva consacrazione del madrigale non avviene però con i due illustri padri della nostra letteratura: attraverso autori come Sacchetti, Malatesta, Donati, Rinuccini e Soldanieri, il madrigale (che Carducci, nell'Ottocento, arriverà a definire come “idillio a piccole immagini”) diventa a tutti gli effetti l'erede di quella tradizione rustica e pastorale tipica degli epigrammi latini.
Fonometrica e storia del Madrigale
Tra le innumerevoli forme metriche che costituiscono l'inestimabile patrimonio della nostra tradizione, il Madrigale rappresenta un caso atipico, soggetto a numerose varianti: nel Trecento. La forma maggiormente praticata constava di una successione di endecasillabi, da sei a quattordici, ripartiti in strofe rimate e una rima baciata di chiusura; questa però cederà subito il passo alla forma che l'immaginario collettivo ha ben presente, quella di due o tre terzine di endecasillabi e uno o due distici a rima baciata a costituire la chiusa. Ecco un esempio di entrambe le forme:
Or vedi, Amor, che giovenetta donna tuo regno sprezza, et del mio mal non cura, et tra duo ta' nemici è sí secura.
Tu se' armato, et ella in treccie e 'n gonna si siede, et scalza, in mezzo i fiori et l'erba, ver' me spietata, e 'n contra te superba.
I' son pregion; ma se pietà anchor serba l'arco tuo saldo, et qualchuna saetta, fa di te et di me, signor, vendetta.
(Petrarca, Madrigale 121)
Agnel son bianco e vo belando be,
e, per ingiuria di capra superba belar convengo e berdo un boccon d'erba El danno è di colui, io dico in fè che grasso mi de' aver con lana bionda, se capra turba e non m'abbi tonda. Or non so bene che di me sarà, ma pur giusto signor men mal vorrà.
(Sacchetti, Agnel son bianco)
Nel quattrocento, la diffusione del madrigale subisce un brusco arresto, complice anche la sempre più crescente popolarità del Carme Carnascialesco promosso da Lorenzo il Magnifico.
Nel cinquecento avviene la svolta: il madrigale si evolve ulteriormente, dimostrandosi capace di superare le barriere Italiche e di diffondersi in Europa, soprattutto in Francia e in Spagna, anche grazie al supporto della musica. Sopravvissuta fino al barocco, la nuova forma, strettamente imparentata a quella della frottola quattrocentesca , si compone di endecasillabi e settenari variamente rimati: ciò conferisce maggiore libertà ai lirici che quindi sperimentano nuove combinazioni ritmiche, come nel caso di questo bellissimo esempio del Tasso:
Tacciono i boschi e i fiumi, e 'l mar senza onda giace, ne le spelonche i venti han tregua e pace, e ne la notte bruna alto silenzio fa la bianca luna; e noi tegnamo ascose le dolcezze morose. Amor non parli o spiri, sien muti i baci e muti i miei sospiri. Qual rugiada o qual pianto, quai lagrime eran quelle che sparger vidi dal notturno manto e dal candido volto de le stelle? E perché seminò la bianca luna di cristalline stelle un puro nembo a l'erba fresca in grembo? Perché ne l'aria bruna s'udian, quasi dolendo, intorno intorno gir l'aure insino al giorno? Fur segni forse de la tua partita, vita de la mia vita?
(Tasso, Tacciono i boschi e i fiumi)
Dopo il barocco, però, del madrigale non si sentirà parlare fino alla seconda metà dell'Ottocento, dove poeti come Pascoli e D'Annunzio, nell'intento di far rivivere la tradizione poetica sotto una nuova luce, riesumeranno con successo la forma trecentesca del componimento:
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare dimenticato, tra il vapor leggero.
E cadenzato dalla gora viene lo sciabordare delle lavandare con tonfi spessi e lunghe cantilene:
Il vento soffia e nevica la frasca, e tu non torni ancora al tuo paese! quando partisti, come son rimasta! come l'aratro in mezzo alla maggese.
(Pascoli, Lavandare)
Come scorrea la calda sabbia lieve
per entro il cavo della mano in ozio
il cor sentì che il giorno era più breve.
E un'ansia repentina il cor m'assale
per l'appressar dell'umido equinozio
che offusca l'oro delle piagge salse.
Alla sabbia del Tempo urna la mano
era, clessidra il cor mio palpitante,
l'ombra crescente di ogni stelo vano
quasi ombra d'ago in tacito quadrante.
(D'Annunzio, La Sabbia del Tempo)
Le principali tematiche
Essendo nato in un contesto popolare e solo in un secondo momento affermatosi in ambiente aulico, il madrigale si è sempre ben prestato alle tematiche amorose, condite talvolta di vivacità, talvolta di frivolezza; non mancano tuttavia riferimenti alla religione o alla politica. Solo durante le sperimentazioni ottocentesche assistiamo a una più corposa variazione: con Pascoli ( e in misura minore anche D'Annunzio) il madrigale torna alle origini, ritrovando quella caratterizzazione rustico/popolaresca condita da ben più profonde riflessioni sulla vita.
Il madrigale nella musica e le sue varianti
Il madrigale ritaglia uno spazio anche tra le forme musicali, cosa non sorprendente se si pensa che la poesia, in origine (si pensi ad Omero ed alla tradizione poetica greca, nonché al fatto che il termine "lirica" deriva da uno strumento a corde, la lira) era strettamente connessa alla musica.
Si distinguono due principali accezioni:
Madrigale musicale trecentesco, uno dei primi esempi di musica polifonica profana, diviso in strofe e solitamente eseguito a due voci, di cui il superius (prima voce) sembrava attirare maggiore interesse. Era accompagnato da uno o più strumenti.
Esempi di madrigale trecentesco si ritrovano in Francesco Landini, tutt'oggi ritenuto il più importante compositore.
Madrigale musicale cinquecentesco, forma che richiama in molti aspetti la già accennata frottola quattrocentesca. Vengono tuttavia introdotte diverse novità, tra cui l'aumento da due voci a quattro e un andamento monoritmico.
Sia il madrigale trecentesco che quello cinquecentesco si basano su testi poetici preesistenti. Ne è un caso “Vezzosi augelli in fra le verdi fronde” sempre del Tasso, musicato dal compositore Luca Marenzio.
Conclusioni
Ad oggi, il madrigale segue le sorti di gran parte delle forme metriche: un lontano ricordo, una salma senza vita esposta nelle vetrine degli accademici e di tanto in tanto riesumata dagli stessi per scopi puramente autoptici e autoreferenziali; è il simbolo, uno dei tanti, di un patrimonio sempre più offuscato dalla crescente dissacrazione del fenomeno contemporaneo.
La mia non vuole essere una difesa a spada tratta della tradizione ( sebbene il termine dissacrazione, da me chiamato in causa, possa suggerire al lettore una presa di posizione ben chiara) né un giudizio o un ammonimento alle tendenze che trovano tra i contemporanei maggiore accomodamento, ma una cristallina e serena presa di coscienza di un qualcosa forse prossimo a morte, ma che certamente continuerà a vivere nell'impegno di coloro che, gratia artis, faranno della poesia un mezzo di espressione ragionato e non istintivo.
Francesco Marsili