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Vallo Atlantico! Errore strategico o scelta obbligata? - di Giuseppe Sorrentino

1. Premessa



Troppo spesso, leggendo libri anche di ottimi storici, sono incappato in considerazioni estremamente superficiali sulle scelte operate da generali e comandanti di vario grado, nelle difficili condizioni che contraddistinguono un teatro operativo.

Risulta troppo facile, da dietro le nostre scrivanie, utilizzare la logica del “se avesse…”; ritengo comodo giudicare scelte compiute da altri, conoscendo elementi che i suddetti personaggi storici non potevano neanche immaginare, o che potevano solo sospettare.

Uno dei casi più “spigolosi” che ho incontrato nella mia formazione storica, in particolare sulla seconda guerra mondiale, riguarda la scelta dei tedeschi di ricorrere al cosiddetto “Vallo Atlantico” per respingere il previsto sbarco alleato in Francia; scelta considerata errata solo in funzione del fatto che tale linea fortificata, alla fine, non bastò allo scopo per cui venne realizzata, trascurando considerazioni militari e tattiche fondamentali.

A furia di perorare questa tesi si è giunti, quindi, al paradosso del Raid alleato su Dieppe nel 1942, sbarco respinto a prezzo di pesanti perdite tra gli alleati ma definito, da fin troppi storici, come “una lezione sbagliata” appresa dai tedeschi, come se aggiungere questa postilla alleviasse il peso del tragico errore compiuto dagli alleati in quella circostanza.

Infatti lo spacciare una sconfitta, dovuta a un approccio dilettantistico dei suoi ideatori, come fosse, alla fin fine, un passo utile per la vittoriosa campagna di Normandia, perché tramite questa battaglia i tedeschi si convinsero che solo delle fortificazioni estese potessero fermare gli alleati, è alquanto semplicistico.


2. Situazione generale nel giugno 1944


Nel luglio del 1943 i tedeschi avevano definitivamente gettato al vento le loro residue speranze di vincere la guerra nella battaglia di Kursk; a seguito del dissanguamento delle divisioni panzer in quell’occasione, i russi furono capaci di avviare una serie di offensive che, in pratica, cacciarono i tedeschi dall’Ucraina e dalle sue risorse industriali, da cui il III Reich dipendeva.

Ad aggravare ulteriormente la situazione tedesca, nella tentata difesa dell’Ucraina, vennero persi quantitativi tali di uomini e mezzi dal rendere l’intero gruppo d’armate meridionale impossibilitato a null’altro che alla difesa; così facendo i russi si erano preparati il terreno alla successiva operazione “Bragation”, tra l’altro eseguita quasi in contemporanea allo sbarco alleato in Normandia, che avrebbe distrutto l’intero gruppo d’armate centro e inflitto ai tedeschi la peggiore sconfitta della loro storia.



Fig. 1 – Ecco come appariva il fronte orientale nell’aprile del 1944: risulta evidente il saliente tedesco in Bielorussia occupato dal Gruppo d’armate Centro, che sarà il successivo bersaglio dei sovietici.


Tuttavia, nel giugno del 1944, i tedeschi potevano ancora coltivare speranze di giungere almeno a una pace negoziata: infatti in Francia stazionavano quantità di truppe tali da, una volta rischierate sul fronte orientale, stabilizzare la situazione e costringere i russi a un impegno ancora maggiore di quello profuso fino ad allora.

Non va dimenticato, infatti, che i russi, seppure dotati di una incredibile superiorità di uomini, mezzi e rifornimenti, subivano sempre perdite elevate ad ogni battaglia, dovute soprattutto all’ormai leggendaria insensibilità degli alti comandi russi verso le vite dei propri uomini e al fatto che ormai si stavano reclutando tutti i soldati possibili, a discapito di addestramento (invero già molto scarso in Unione Sovietica) e qualità.

I russi, inoltre, risentivano di perdite umane quantificabili nell’ordine di 7-8 milioni di soldati, a cui aggiungere un numero maggiore di civili: la Russia europea giaceva in ginocchio, ridotta a una condizione da medioevo; anche la sconfinata Unione Sovietica avvertiva quindi il peso di una guerra combattuta così intensamente per tre anni. Un protrarsi della guerra indefinito, o una sua fine non visibile a breve, avrebbe potuto sfinire anche il determinato, ma ormai logoro, popolo russo.

In campo alleato va detto che gli inglesi erano in guerra dal 1939, ed essendo dotati di un potenziale umano molto limitato, risentivano anche loro di tanti morti e dei lanci sempre più frequenti delle V-1 e V-2 tedesche; inoltre l’unione politica alleata correva sempre sul filo del rasoio.

I contrasti tra generali americani e inglesi non si contavano più e si può ragionevolmente pensare che una grande sconfitta avrebbe potuto far implodere l’alto comando alleato, con conseguenze difficilmente quantificabili, ma sicuramente deleterie per il proseguimento della guerra.

Ovviamente si tratta solo di ipotesi: rimane il fatto che per i tedeschi l’ultima carta da giocare, rimasta nelle loro mani, consisteva nel respingere lo sbarco alleato in Francia.


3. Scelta della strategia tedesca. Von Rundstedt contro Rommel


Quindi come giungere a tale risultato? La storia ci dice che i tedeschi fecero tutto ciò che NON andava fatto per ottenerlo:


1. Crearono una struttura di comando bizantina: Rommel formalmente subordinato a Rundstedt ma dotato di canale diretto con Hitler, quindi di fatto parigrado.

2. Le unità della Luftwaffe (aviazione, divisioni terrestri e brigate flak) e Kriegsmarine (batterie costiere) erano dotate di proprie catene di comando.

3. Hitler pretese il controllo diretto delle riserve panzer, complicando ulteriormente la catena di comando.

4. Abboccarono al finto sbarco alleato che sarebbe dovuto avvenire a Calais.

5. Disposero male le loro unità.

6. Equipaggiarono le loro divisioni sulla costa con una tale varietà di armi di preda bellica da rendere il rifornimento di munizioni impossibile, con la conseguenza che terminate le scorte in loco di tali armi, queste venivano abbandonate.

Questo è ciò che fecero, ma prima di giungere a tali risultati vi fu una lunga discussione sul come affrontare lo sbarco. Fondamentalmente non esistono molte alternative a una situazione del genere per il difensore: o si oppone resistenza sulle spiagge, o si lascia al nemico la possibilità di creare una grossa testa di ponte e di spingersi nell’entroterra, per poi colpirlo massicciamente sui fianchi e annientare tutte le unità nemiche sbarcate.


3.1 La strategia di Von Rundstedt


In Francia settentrionale era stazionato il Gruppo d’Armate B inquadrato nel OB West (fronte occidentale) ai comandi del feldmaresciallo Von Rundstedt: questi era considerato uno dei migliori strateghi tedeschi della seconda guerra mondiale, fu tra i pianificatori e realizzatori dell’invasione della Francia del 1940.

Nella strategia militare non esistono teoremi o formule certe come, ad esempio, in ingegneria o fisica; si tende a far valere le esperienze e i precedenti storici. Rundstedt quindi analizzò i precedenti sbarchi alleati affrontati dai tedeschi: Sicilia, Salerno ed Anzio.

In tutti e tre i casi, la mole di uomini e mezzi impiegati dagli alleati rese impossibile difendere le spiagge, anche se in Sicilia le deboli formazioni costiere italiane non erano da considerare minimamente utili allo scopo, e i contrattacchi tedeschi immediati furono annientati dal fuoco delle navi da guerra alleate e dalla loro aviazione, proprio quando erano sul punto di ottenere risultati significativi. Va fatto anche notare che, almeno a Salerno ed Anzio, la Luftwaffe effettuò un gran numero di missioni contro il naviglio alleato, infliggendogli pesanti danni, cosa che, in Normandia, non era neanche possibile immaginare.

Rundstedt, quindi, sosteneva che era inutile opporre resistenza sulle spiagge o attaccare le stesse, ed era per l’attuazione di una massiccia controffensiva corazzata nelle 48-72 ore seguenti allo sbarco nemico; dal suo punto di vista era fondamentale tenere la totalità delle divisioni panzer nell’area di Parigi, al riparo quindi dal bombardamento preliminare alleato e, soprattutto, il contrattacco doveva avvenire quando gli alleati si fossero addentrati a sufficienza per non essere più coperti dal tiro dei cannoni delle corazzate e incrociatori.

Il timore di Von Rundstedt verso le navi da guerra era più che fondato: contro l’aviazione si potevano prendere contromisure di qualche tipo per almeno limitarne l’impatto (mimetismo, viaggiare di notte, contraerea); però contro i cannoni da 380mm o più, come già sperimentato in Sicilia e a Salerno, non si poteva fare assolutamente niente.

Il piano di Von Rundstedt era sicuramente audace, nel pieno rispetto della tradizione di mobilità e aggressività che aveva contraddistinto le prime campagne vittoriose della Germania.



Fig. 2 – “L’incubo di Rundstedt” – Gli effetti di un colpo di artiglieria navale da 380mm: la granata è caduta a pochi metri da questo panzer Tigre (56 tonnellate) e lo ha ribaltato col solo spostamento d’aria.


3.2 La strategia di Rommel


Dal 1943 Hitler inviò in Francia Rommel, con lo scopo di sovraintendere la costruzione del cosiddetto “Vallo Atlantico”, ossia un utopistico progetto di massiccia fortificazione di tutte le coste che andavano dal confine Franco-Spagnolo alla Norvegia. Ovviamente tale progetto, per una nazione così logorata come la Germania, era irrealizzabile: difatti i tedeschi si concentrarono a costruire fortificazioni vicino ai principali porti o città costiere. Solo con l’arrivo di Rommel si decise di fortificare anche le spiagge, bersagli più plausibili degli alleati.

Erwin Rommel è sicuramente il più famoso generale tedesco della seconda guerra mondiale, noto come la “Volpe del Deserto” per la sua campagna in Libia-Egitto, conclusasi in un disastro per la sproporzione di forze in campo. La storiografia lo descrive spesso come un brillante capo operativo, ma stratega mediocre, questo perché molte delle sue scelte vennero considerate eccessivi azzardi. In pochi ricordano, però, in che condizioni precarie si ritrovò a combattere in Africa: rinforzi scarsi, truppe italiane male equipaggiate e rifornimenti a singhiozzo.

Proprio la lunga campagna africana aveva insegnato molto a Rommel: sapeva dello strapotere aereo alleato, capace di paralizzare offensive tedesche già solo nella fase di preparazione, e sapeva della loro capacità di rimpiazzare le perdite di uomini, materiale e mezzi in breve tempo (fu calcolato che per rimpiazzare un carro armato, gli alleati impiegavano 36 ore).

La sua deduzione fu quindi lineare: se li si lascia creare una testa di ponte, niente potrà fermarli: vanno combattuti sulle spiagge e ricacciati subito in mare.

Poiché le deboli divisioni statiche che presidiavano le spiagge, anche al riparo di possenti fortificazioni (possenti sulla carta, ovviamente), potevano solo rallentare lo sbarco, le divisioni panzer andavano schierate a ridosso della costa, per un contrattacco immediato nelle prime 24 ore, assolutamente non oltre. Era essenziale che gli alleati non rinsaldassero le loro posizioni o che avessero il tempo di spiegare il loro infinito potenziale di soldati e mezzi. A dar ulteriormente credito alla teoria di Rommel ci pensarono gli stessi alleati, che dalla fine del 1943 si dedicarono a una campagna aerea senza precedenti sulla Francia; l’obiettivo? Distruggere quel che rimaneva della Luftwaffe e l’intera rete stradale e ferroviaria della Francia del nord. Questa offensiva aerea fu tremendamente efficace, molto più dei sanguinosi bombardamenti a tappeto sulle città tedesche: difatti la forza di caccia tedesca scese a meno di 130 caccia operativi contro i circa 2.000 alleati, inoltre vennero distrutte circa il 50% delle locomotive in funzione nell’ovest e un numero imprecisato di ponti. Nessun veicolo, su ferro o gomma, poteva circolare di giorno senza correre il serio pericolo di essere avvistato e distrutto. Nessun deposito di carburante o munizioni era al sicuro.

Per capire meglio le proporzioni dei danni al sistema di trasporti francese, basti pensare che gli stessi alleati, in seguito, ne vennero così rallentati da permettere ai tedeschi di ripiegare in Germania, riorganizzarsi e prolungare la guerra di quasi un anno.


3.3 La decisione di Hitler


Hitler, di fronte alle motivazioni sensate dei suoi due Generali, optò per la classica via di mezzo, ossia il modo migliore di non ottenere i benefici di nessuna delle due strategie e, al contempo, subirne gli svantaggi di entrambe. Venne stabilito di fortificare le spiagge e di tenere parte delle divisioni panzer a ridosso della costa e parte nell’entroterra: questa dispersione rese impossibile attuare anche una sola delle due idee iniziali.



Fig. 3 – Disposizione delle divisioni di presidio alle coste con evidenziati i tratti di costa da presidiare: appare evidente l’eccessiva dispersione, specie per unità come la 716°, 709° e 243° che erano prive di mezzi di trasporto a motore, costrette in più a controllare l’entroterra.


4. Analisi delle due strategie


Avendo già analizzato i pro delle due strategie e senza entrare in tecnicismi militari, si può, a larghe linee, delineare come le due strategie proposte sarebbero state influenzate dalle circostanze belliche.


4.1 Contrattacco panzer (Von Rundstedt)


Per un attacco corazzato sono indispensabili:


1. Apparato logistico efficiente (scorte di carburante, rete viaria in buone condizioni etc.).

2. Supporto aereo, se non addirittura il dominio dell’aria, almeno un’adeguata copertura.

3. Grandi quantità di carri armati, fanteria motorizzata e fanteria appiedata al seguito, per ripulire le sacche di resistenza lasciate dai panzer in avanzata.

4. Qualità elevata delle truppe in termini di addestramento ed esperienza (le manovre offensive sono più complicate di quelle difensive).

5. Superiorità numerica globale o localizzata nei punti in cui s’intende sfondare il fronte.

6. Afflusso costante di rinforzi per sfruttare lo sfondamento.


Analizziamo ora, la situazione tedesca in merito a questi prerequisiti:


1) Apparato logistico: I tedeschi difettavano ormai cronicamente di carburante, specie da quando gli alleati avevano iniziato a bombardare i pozzi di petrolio rumeni. Ad aggravare la situazione, ogni grande deposito tedesco in Francia era un bersaglio facile per l’aviazione nemica, quindi occorreva sparpagliarli sul territorio, penalizzando così l’efficacia dei rifornimenti. Come, poi, era ridotta la rete ferroviaria e stradale francese ne ho già parlato, ricordo inoltre che i convogli di rifornimento avrebbero potuto viaggiare solo di notte e comunque al prezzo di gravi rischi. Si può quindi desumere che il punto 1 NON È SODDISFATTO.


2) Supporto aereo: La Luftwaffe era praticamente sparita dai cieli di Francia, con i 130 caccia rimasti non si poteva garantire neanche una copertura aerea localizzata, figurarsi quella necessaria per una grande offensiva. Quindi gli alleati avrebbero potuto fare tranquillamente voli di ricognizione o bombardamenti mirati alle colonne di panzer e rifornimenti. Il punto 2 NON È SODDISFATTO.


3) Spiegamento di truppe: I tedeschi, anche se era quasi certo, non potevano essere sicuri al 100% che il bersaglio fosse la Francia. I tratti di costa minacciati andavano dalla Spagna alla Norvegia, quindi, in teoria, sarebbe stato necessario creare grandi assembramenti di truppe panzer in un certo tot di località per contrastare lo sbarco nemico nelle 48-72 ore previste da Rundstedt. Anche escludendo la Norvegia, Danimarca e la Germania del nord (tutte fuori o a stento nel raggio aereo alleato e con rifornimenti complicati per la distanza dall’Inghilterra), comunque i Paesi Bassi, la Francia del nord e del sud, erano bersagli possibili. Anche volendo creare solo un’armata di dimensioni ridotte per i Paesi Bassi e una o due di effettivi maggiori per la Francia, i tedeschi nel 1944 non avevano così tante truppe da tenere inoperative in attesa del nemico. Si può quindi ragionevolmente dire che anche il punto 3 NON È SODDISFATTO.


4) Qualità delle truppe: Le divisioni panzer tedesche mantennero un’elevata qualità, in rapporto alla situazione, fino agli inizi del 1945; soprattutto, le unità delle Waffen-SS erano dotate di veterani eccezionali e giovani volontari fanatici. Tuttavia, il loro numero era ridotto dalle perdite subite a oriente, e inoltre le divisioni di fanteria erano poco più di un’accozzaglia di reparti: molte erano “statiche”, ossia senza mezzi di trasporto a motore e avevano 1/3 dei propri battaglioni composti da “volontari”, presi tra i prigionieri di guerra russi, o tra le popolazioni della Russia occupata (soprattutto georgiani), momentaneamente occupata dai tedeschi. Inoltre queste divisioni avevano il grosso delle loro artiglierie composte da pezzi sovietici, francesi, belgi o olandesi, di preda bellica, con forniture di munizioni limitate e che, una volta esaurite, non sarebbero state rimpiazzate. I pochi reparti di carri armati a loro disposizione erano composti da veicoli presi ai francesi nel 1940, ossia mezzi già superati a quell’epoca.

In breve se anche lo sfondamento era garantito dalla qualità delle truppe panzer, i passi successivi che sarebbero toccati alla fanteria al seguito, sarebbero stati molto difficili. Anche volendo essere generosi, si può ritenere il punto 4 solo PARZIALMENTE SODDISFATTO.


5) Superiorità numerica: Per definizione l’attaccante può raggiungere facilmente una superiorità locale, ai tedeschi la cosa riuscì perfino nelle Ardenne in una situazione molto più difficile. Tuttavia la superiorità numerica globale era impensabile, visti i numeri messi in gioco dagli alleati e la condizione dei tedeschi; al massimo si poteva pensare a un sostanziale pareggio. Tuttavia, una volta effettuato lo sfondamento del fronte i numeri contano relativamente e dipende tutto dall’uso delle riserve, come dimostrato sul fronte russo, ove i tedeschi combatterono quasi sempre in inferiorità numerica schiacciante. Direi che il punto 5 è considerabile SODDISFATTO.


6) Rinforzi: Uno delle tante vicende della Normandia su cui si sono dette inesattezze, riguarda l’episodio in cui Hitler, durante il D-Day, dormiva, e che il non averlo svegliato ritardò l’invio dei panzer e condannò i tedeschi. Questo è giudicabile inesatto: qualsiasi divisione si fosse messa in moto verso la Normandia, sarebbe stata rallentata e dissanguata dall’aviazione. Basti pensare che la 2° SS Panzer “Das Reich”, schierata a Tolosa, impiegò 17 giorni anziché i 5 giorni richiesti normalmente per arrivare in Normandia, qualche ora in meno o in più non avrebbe fatto differenza. Quindi si può presumere che i rinforzi per sfruttare lo sfondamento sarebbero arrivati in ritardo, logori e con carenza di rifornimenti. Il punto 6 NON È SODDISFATTO.


Per un totale di 1,5 punti rispettati su 6 richiesti: per farla breve la tattica proposta da Von Rundstedt aveva poche (per non dire nulle) chance di essere attuata con successo.


4.2 Difesa delle spiagge (Rommel)


In che modo la difesa delle spiagge avrebbe aiutato a superare i suddetti punti, rispetto a un’offensiva meccanizzata come quella proposta da Von Rundstedt?


1) Aspetto logistico: Alcuni dei punti già elencati sono insuperabili a prescindere dalla tattica scelta: danni a ferrovie, strade e ponti, depositi bersagliati e colonne di rifornimento impossibilitate a muoversi liberamente. Nondimeno, nella strategia proposta da Rommel, si sarebbero avvertiti molto meno.

Infatti l’idea di respingere il nemico nelle prime 24 ore avrebbe portato a uno scontro molto più breve e quindi, per definizione, meno costoso in termini di risorse. Anche le truppe sulle spiagge avrebbero avuto bisogno di rifornimenti di minore entità e, soprattutto, stipabili nei robusti forti in cemento armato, quindi relativamente al sicuro.


2) Supporto aereo: Problema insuperabile, anzi: con lo schieramento a ridosso delle spiagge è plausibile pensare che le unità panzer avrebbero subito maggiori danni dal bombardamento preliminare alleato. Nondimeno, in una battaglia di breve durata e a ridosso delle linee alleate, gli aerei nemici sarebbero stati meno efficaci, anche se a quel punto sarebbe entrata in azione l’artiglieria navale.


3) Spiegamento di truppe: Difficile dare una risposta univoca. Riprendendo le logiche spiegate in precedenza, si otterrebbe un risparmio in termine di componente corazzata: difatti una testa di ponte iniziale è più semplice da attaccare rispetto ad una consolidata, quindi servirebbero meno divisioni panzer ma più sparpagliate, dato che la vicinanza alle spiagge bersaglio era indispensabile. Quindi si avrebbe un risparmio locale ma un impegno maggiore generale. Inoltre un presidio efficace delle spiagge avrebbe richiesto quanto meno un attento dispiegamento delle divisioni di fanteria, onde non lasciare (come poi avvenne) che singoli reggimenti delle deboli divisioni statiche affrontassero intere divisioni alleate ben equipaggiate, con in più paracadutisti a minacciarne le retrovie. L’adeguata difesa delle coste era indispensabile: infatti le divisioni alleate avrebbero sicuramente creato una testa di ponte, ma è plausibile pensare che sarebbero state logorate dallo sforzo e, probabilmente, avrebbero dovuto aggirare alcuni capisaldi nemici, lasciando così il proprio fronte non sicuro e sacche di resistenza alle proprie spalle. L’esempio è presto fatto, pensando ad Omaha, ove gli americani subirono perdite così pesanti che si valutò (anche se solo brevemente) l’ipotesi del reimbarco, e Juno, spiaggia ove alcuni capisaldi fortificati tedeschi resistettero per pochi giorni dopo il D-Day.


4)Qualità delle truppe: Punto totalmente a favore di Rommel, data la condizione pessima delle divisioni di presidio tedesche; oltre alle già citate truppe orientali, vanno considerati i battaglioni composti da uomini raggruppati in base a problemi di salute (es. uomini con problemi alla stomaco che richiedevano forniture di cibi particolari) ed arruolati per disperazione. In campo aperto, ossia in uno scontro convenzionale, tali unità, male equipaggiate e peggio addestrate, non avevano speranze contro gli alleati (difatti si sciolsero come neve al sole), ma anche il peggior soldato, con una mitragliatrice scadente, da dentro un bunker può dire la sua. Dietro un solido muro di cemento ci si trova in una posizione di netto vantaggio tattico e morale (vi invito a immaginarvi in un soldato alleato che corre su una spiaggia allo scoperto), inoltre la difesa di linee statiche non richiede grandi manovre in cui servono particolari addestramenti o ufficiali esperti. Con questa tattica, Rommel metteva le sue truppe in condizione di fare quello che potevano fare meglio: la fanteria scadente a difendere fortificazioni, i panzer all’attacco manovrato contro un nemico già duramente impegnato dalle spiagge.


5) Superiorità numerica: Fondamentalmente si ritornerebbe a quanto spiegato nel punto 3, ossia i vantaggi del contenere la testa di ponte alleata, specialmente se alcuni capisaldi non fossero caduti nelle prime 24 ore e avessero limitato ulteriormente i movimenti nemici: tutto questo avrebbe garantito ai tedeschi un numero minore di nemici da affrontare.


6)Rinforzi: Nel pieno “stile” di Rommel, la sua era una tattica da “vita o morte” senza compromessi, quindi i rinforzi da far seguire alle 24 ore seguenti potevano:

  • Non servire proprio, se il contrattacco iniziale fosse stato respinto o non avesse messo in crisi lo schieramento alleato: a quel punto la situazione sarebbe stata compromessa e al massimo si poteva ritardare la sconfitta (come accadde, anche se per altri motivi).

  • Servire solo per ripulire le ultime resistenze dopo aver ridotto notevolmente la testa di ponte nemica.

In quest’ultima ipotesi si può pensare che gli alleati si sarebbero ritrovati in una situazione così grave da non poter dirottare l’intero potere aereo sulle unità tedesche in arrivo, ma che avrebbero dovuto usarlo in gran parte per garantire la sopravvivenza stessa della testa di ponte o la sua evacuazione, lasciando le divisioni nemiche in arrivo “relativamente” libere.


5. Effettiva resa del Vallo Atlantico


Il Vallo Atlantico svolse la funzione per cui venne edificato? Se ci si limita a vedere l’esito della campagna la risposta è un semplice: NO!

Nessuna delle spiagge resse per 24 ore e solo ad Omaha il nemico venne messo in seria difficoltà, infliggendogli molte più perdite di quelle subite, ma si trattava della posizione più fortificata e favorita dalla conformazione del terreno. Se nel settore anglo-canadese le cose andarono meglio, fu dovuto non tanto alle fortificazioni, ma più al contrattacco immediato della 21° Div. Panzer.

Analizzando le cose nel loro complesso però, il Vallo Atlantico fece almeno in buona parte il proprio dovere.

I tanto vituperati dalla storia soldati orientali e i tedeschi arruolati per disperazione, finché furono al riparo delle fortificazioni in cemento armato, si batterono bene e con coraggio; quando nel settore di Utah un ufficiale americano provò a motivare i propri uomini facendogli notare che avevano contro unità di seconda scelta, si sentì rispondere: “Forse dovrebbe dirlo anche ai tedeschi, mi sa che non ne sono stati informati”. Il loro crollo in campo aperto, fu dovuto non tanto a motivazioni di natura morale o psicologica, quanto alla netta e incolmabile inferiorità di armamento e numero in cui versavano.

Altro aspetto importante da valutare, fu che i porti sulla Manica o sull’Atlantico, pesantemente fortificati, resistettero per lungo tempo, alcuni perfino dopo il collasso tedesco in Francia, con l’effetto di ostacolare notevolmente la logistica alleata.

A questo proposito è emblematico il caso del porto di Cherbourg nella penisola del Contentin: per i tedeschi le fortificazioni presenti avrebbero dovuto permettergli di reggere per 1-2 mesi, eppure cadde in meno di due settimane. Non pochi storiografi hanno infierito con sarcasmo sull’inutilità di tali poderose opere di fortificazione, costruite per guadagnare qualche giorno e poco più. Come però ignorare il fatto che i difensori erano in schiacciante inferiorità numerica e di armamenti, composti dai rimasugli di divisioni che già di partenza erano da considerare di seconda linea e senza, praticamente, alcun supporto corazzato o aereo?

Secondo il mio modesto parere è già notevole che abbiano impegnato consistenti aliquote di truppe alleate per così tanto tempo, di certo rimane il fatto che un muro di cemento non uccide soldati nemici, senza che al suo riparo vi sia qualcuno dotato di una buona scorta di munizioni.

Troppi storici, nei propri giudizi, trascurano che il Vallo Atlantico, soprattutto in Normandia, era largamente incompleto; basti pensare alle pochissime batterie in grado di ingaggiare le navi da guerra alleate, ossia un requisito fondamentale per limitarne il devastante impatto. In non pochi casi, tali batterie avevano perfino le postazioni già allestite, ma risultavano mancanti dei cannoni, come scoprirono gli stessi reparti speciali alleati inviati a silenziarle, prima che potessero arrecare troppi danni.

Inoltre, il Vallo Atlantico consentì ai tedeschi di usare, o riutilizzare, materiale bellico ormai superato come i cannoni Pak 38 da 50mm. Tali pezzi erano ormai obsoleti e nei magazzini tedeschi ne giacevano a migliaia: tuttavia, piazzati in bunker defilati (che quindi permettevano a tali armi di colpire i fianchi dei carri armati, ossia una parte meno corazzata del frontale), impiegati contro la fanteria o nel tiro ravvicinato, fecero il proprio dovere discretamente. Questo senza contare le armi leggere e pesanti di preda bellica, impossibili da rifornire di munizioni in una situazione di movimento, ma adatte per una struttura fortificata in grado di avere un proprio capiente magazzino autosufficiente.



Fig. 4 – Esempio di casamatta con Pak38. Avendo la copertura del terreno rivolta verso il mare non poteva essere messo fuori uso dal cannoneggiamento navale, la posizione defilata e la possibilità di ruotare 180°, gli permetteva di colpire d’infilata entrambi i lati della spiaggia.


Va anche fatta notare un’ulteriore questione: se anche solo una delle spiagge avesse resistito allo sbarco alleato, la situazione tedesca si sarebbe fatta molto più semplice e favorevole. Prendiamo la già citata Omaha Beach, si trattava di un requisito fondamentale per gli alleati: senza tale spiaggia, americani e anglo-canadesi sarebbero stati divisi, con teste di ponte separate e vulnerabili.

Omaha Beach avrebbe potuto però resistere? Nelle condizioni in cui versavano i tedeschi, decisamente no. Ad Omaha Beach i tedeschi impiegarono sulle spiagge 2 battaglioni della 716° Div. Statica (una delle unità di seconda scelta) e altrettanti della 352° Div. Fanteria (un’ottima unità di veterani del fronte russo, ma sotto organico). Tuttavia, la dispersione di tali truppe impedì di organizzare gli indispensabili contrattacchi verso le postazioni perse (evento impossibile da impedire del tutto) e di rettificare il fronte. Infatti, il grosso della 352° era sparpagliato nelle campagne e nell’entroterra, o alla caccia dei paracadutisti americani che venivano segnalati praticamente ovunque.

Si può ragionevolmente supporre che se i tedeschi avessero schierato almeno 1-2 divisioni, anche di quelle di seconda scelta, nelle retrovie di quelle impiegate sulle spiagge (sollevandole dal compito di doversi coprire le spalle da sole e al contempo contrastare lo sbarco), la resistenza tedesca sarebbe stata di ben altra intensità, come sperimentato dagli americani ad Omaha.

I tedeschi avevano a disposizione tali divisioni? Sì, eccome, nella 15° Armata schierata a Calais vi erano divisioni più che sufficienti a contrastare l’eventuale sbarco che i tedeschi credevano sarebbe ivi avvenuto, quindi la cessione di 1 o 2 divisioni così “leggere” non ne avrebbe compromesso la posizione. Questo senza contare le divisioni lasciate a far niente in Norvegia o Danimarca (entrambe difficili obiettivi per i motivi già spiegati).


6. Conclusioni


Viste le considerazioni fatte, la scelta del Vallo Atlantico non è tanto da valutare nell’ottica giusto / sbagliato, ma semplicemente va riconosciuto che fosse l’unica opzione disponibile per i tedeschi.

Rommel, soprattutto, lo sapeva bene e non si faceva illusioni sulle poche possibilità di respingere lo sbarco.

L’analisi della “Volpe del deserto” fu estremamente lucida, come spesso accadde nel corso delle sue più criticate offensive (come ad El Alamein): o si vince sulle spiagge o il massimo che si potrà fare è perdere terreno poco alla volta.

Del resto gli stessi alleati si aspettavano proprio questo dai tedeschi, ossia una lenta erosione e un’avanzata costante nel tempo; quando gli scellerati ordini di Hitler condussero al contrattacco suicida di Mortain e alla sacca di Falaise, il fronte tedesco crollò così rapidamente da permettere agli alleati un’avanzata verso la Germania tanto spettacolare quanto imprevista, così che furono impreparati ad affrontare gli oneri logistici di una corsa, quando si prevedeva una marcia lenta.

In ogni caso il Vallo Atlantico, come qualsiasi altra linea fortificata, non poteva respingere da solo lo sbarco, anche se realizzato completamente e ben guarnito: il contrattacco corazzato immediato era indispensabile per chiudere le falle che, inevitabilmente, si sarebbero aperte; questo presupposto venne vanificato dalla famosa “via di mezzo” scelta da Hitler.

Difatti il contrattacco della 21° Panzer contro gli inglesi, se condotto in modo massiccio e non sparpagliato, avrebbe potuto metterne in crisi l’intero settore, e stiamo parlando di una singola divisione panzer ricostruita frettolosamente e con metà dei carri previsti in organico.

Il mio modesto parere, alla luce di quanto esposto, è che i tedeschi avevano pochissime, per non dire nulle, possibilità di successo a prescindere da cosa avrebbero fatto (vista la situazione generale), ma almeno il Vallo Atlantico, se realizzato come da progetto e con le direttive richieste da Rommel, avrebbe potuto garantirgliene qualcuna in più.

Di certo il piano proposto da Von Rundstedt non aveva reali possibilità di successo, a differenza di quanto dicono in molti. Del resto, all’interno dello stesso stato maggiore tedesco, c’erano ufficiali che consideravano Rundstedt un militare brillante ma “vecchio”, che non aveva ancora appreso appieno il potere dell’aviazione; non va dimenticato che l’anziano feldmaresciallo aveva guidato solo la vittoriosa campagna di Polonia e Francia, contro nemici che avevano la propria aviazione in una condizione di netta inferiorità rispetto a quella tedesca, paradossalmente, come la Luftwaffe nei confronti di quella alleata in Normandia.

Rundstedt, quindi, non aveva avuto modo di sperimentare “direttamente” cosa comportava una tale schiacciante inferiorità aerea.


Giuseppe Sorrentino



Bibliografia


[1] Stephen E. Ambrose, D-Day - Storia dello sbarco in Normandia, Milano, Rizzoli, 2002

[2] Max Hastings, Overlord. Il D-Day e la battaglia di Normandia, Milano, Mondadori, 1999

[3] G.Markham, Armi del III Reich, La Spezia, Fratelli Melita Editori, 1992

[4] Istituto De Agostini, Armi della Seconda Guerra Mondiale, Novara, 1979

[5] David G.Chandler&Stephen Badsey, Eserciti&Battaglie – Normandia 1944, Londra – Edizione del Prado, 1993

[6] Redazione Grandi Opere HOBBY&WORK, Soldati e Battaglie- La Normandia – Hobby&Work 1999

[7] Franḉois Duprat, Le campagne militari delle Waffen SS, Milano, Ritter s.a.s.,2000

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