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“I mondi del corpo”: l’anatomia è arte - di Claudio Lamberti

“[...]infinite volte fece anatomia, scorticando uomini per vedere il principio e legazioni dell’ossatura, muscoli, nerbi, vene e moti diversi, e tutte le positure del corpo umano.”


Si potrebbe pensare che questo passo, per terminologia utilizzata, provenga da qualche libro sulla storia della medicina, e senza molto sforzo se ne potrebbe dedurre l’oggetto, giacché di uomini che “han fatto anatomia” le pagine dei libri suddetti sono satolle. Ebbene, a discapito di quanto premesso devo darvi una delusione, poiché non di anatomisti si parla. Lo stralcio, tratto dalle Vite di Vasari, altro non vuol fare che descrivere un’insolita, ma quanto mai propedeutica, attività alla quale andava a dedicarsi un giovane ed ambizioso scultore, all’epoca diciottenne, che di lì a poco avrebbe impresso a fuoco il proprio nome sui bianchi marmi della storia dell’arte: tale Michelangelo Buonarroti da Caprese. Il “giovinotto”, forte dell’amicizia con il priore del convento del Santo Spirito di Firenze, ebbe una serie di porte aperte: tralasciando quella del convento stesso, pare che alla serie andasse ad aggiungersi la porta del cimitero; il Buonarroti, difatti, bramava più di ogni altra cosa riprodurre la natura e le sue forme con piena fedeltà, e per raggiungere lo scopo si avvicinò al corpo umano rubandone i segreti da vicino, operando dissezioni su cadaveri per apprendere la realtà di muscoli, tendini, ossa e vene.


Certo, non fu un’idea nuova dato che a pochi chilometri di distanza, presso l’ospedale di Santa Maria Nuova, Leonardo fece lo stesso qualche anno prima, trascrivendo poi la sua concezione di anatomia su carta e lasciandoci quel che oggi conosciamo come l’Uomo Vitruviano (datato 1490), la rappresentazione geometrica di un corpo inserito nelle due figure considerate da Platone le figure perfette, ossia il cerchio e il quadrato. Di contro, fra 1501 e 1515 Michelangelo rispose col David e col Mosè. Il Mosè, purtroppo per il suo creatore, non rispose, ma questa è un’altra storia. Non sappiamo come il da Vinci si sdebitò con l’ospedale presso il quale dissezionava, ma sappiamo con certezza, sempre tramite il Vasari, che Michelangelo donò al priore un crocifisso in legno, gentile omaggio per ripagare l’amico delle possibili rogne dovute alle famose “porte aperte”, dato che le vigenti leggi vietavano la riesumazione.


Compiamo un passo in avanti di esatti cinque secoli, saltando a piè pari gran parte di storia scientifica – e di crocifissi regalati – per giungere in terra nipponica. Nel 1995, Tokyo ospita la prima mostra ufficiale Body Worlds. Di cosa stiamo parlando esattamente? Come mai viaggiare da un capo all’altro di un segmento temporale lungo cinquecento anni? La risposta è nel ribaltamento del rapporto arte-scienza: se in periodo rinascimentale la scienza è stata al servizio dell’arte, durante la modernità il cerchio va infine a chiudersi, e vede l’opera artistica servire la scienza.


O più semplicemente le due cose giungono a fondersi insieme, che è l’idea madre del dottor Gunther Von Hagens, Michelangelo dei nostri tempi, anatomista tedesco che nel 1977, presso l’università di Heidelberg, brevetta la tecnica nota come “plastinazione”, tecnica di conservazione dei tessuti biologici che consente di preservare con assoluta precisione corpi integri, senza alterare la loro composizione originale. Per ottenere un corpo plastinato si passa attraverso sei fasi, ovvero imbalsamazione, dissezione, rimozione di grasso e acqua, impregnazione a forza, posizionamento e solidificazione: viene pompata formalina (derivato del carbonio che, grazie alla sua struttura molecolare relativamente semplice e reattiva, reagisce sulle membrane cellulari “bloccando” la loro motilità) nelle arterie della carcassa, grazie alla quale si ottiene un effetto battericida e di blocco del decadimento tissutale; successivamente si procede a rimuovere strati di pelle, connettivo e grasso per immergere poi il corpo dissezionato in un bagno di acetone (che ha la funzione di sostituire i liquidi presenti); l’impregnazione a forza consiste nel pompaggio di polimeri di silicone a pressione elevata, in modo tale da rimuovere l’acetone e “imbalsamare” in maniera definitiva il tutto; tramite l’ausilio di spaghi, aghi e mollette, il corpo viene fissato nella posizione desiderata; infine la solidificazione, che avviene, a seconda del polimero utilizzato per l’impregnazione, con l’esposizione a gas, raggi UV o fonti di calore. Dopo 1500 ore di lavoro e quasi un anno di rifinitura, il risultato è arte a tutti gli effetti.


I corpi plastinati, difatti, sono come li vedremmo se dissezionati in vivo, sono “nudi” nel vero senso della parola, una finestra sulla natura delle cose che è stata da sempre appannaggio di pochi. Von Hagens ha incentrato vent’anni di exhibits su numerosi argomenti, sistema nervoso, cuore, comportamento umano, il tutto finalizzato non solo alla mera ammirazione artistica, ma anche alla sensibilizzazione a temi riguardanti la salute, come fumo e ipertensione. La posa volutamente provocatoria che Body Worlds assume ha generato numerose controversie in questi anni, provenute dai mittenti più disparati: fra questi, alcuni rappresentanti della Chiesa Cattolica, oltre che della religione ebraica, che inorriditi dallo spettacolo offerto hanno gridato allo scandalo, al mancato rispetto nei confronti della morte e dell’integrità del corpo umano, oltre che nei confronti della decenza (un plastinato, infatti, ha per protagonisti ben due corpi, posizionati nell’atto del coito).


Ma mentre da esponenti del sacro certe accuse possono essere prevedibili, quasi ci si potrebbe sorprendere nel momento in cui esse vengono scagliate dalla stessa comunità scientifica: l’istituto di Heidelberg ha difatti consentito di donare post-mortem il proprio corpo alla causa del dottor Von Hagens (ad oggi più di tredicimila donazioni), di fatto intralciando, secondo alcuni centri di ricerca, la donazione di organi. Controversie, queste, che non hanno fermato i quasi quaranta milioni di visitatori in tutto il mondo, incantati dal richiamo dell’anatomia, incarnata pregevolmente nelle positure dei plastinati.


Perché non parlano?

Claudio Lamberti

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