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Cento rivolte e un Easter Rising - la terribile bellezza - di Marco di Prospero

Quasi cent'anni dopo, la storia di un èpos ai margini di un impero

'twas down the glen one Easter morn

to a city fair rode I

there armed lines of marching men

in squadrons passed me by

no pipes did hum, no battle drum

did sound out its loud tattoo

but the Angelus bell o'er the Liffey swell

rang out in the foggy dew...


Il 24 aprile 1916, il lunedì immediatamente successivo alla domenica di Pasqua, circa milleduecento uomini si affollavano in una Dublino che stava ancora svegliandosi, vera e propria metropoli del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda. Per l'ormai consolidata superpotenza britannica era appena passata la Pasqua del secondo anno di guerra, la Grande Guerra che era già da diversi mesi entrata in un anno critico (la famigerata battaglia di Verdun, incominciata tra il 20 ed il 24 di febbraio, sarebbe finita solo il 19 di dicembre dopo qualcosa come cinquecentomila tra morti e feriti da ambo gli schieramenti). Dal punto di vista di quegli uomini armati, però, stava per essere scritta la pagina decisiva nell'albo della travagliata storia irlandese. Nel sangue e nello spirito degli eventi che ebbero inizio quel giorno cadde il primo germe di una libertà al margine di un grande impero, quello britannico, preso all'apogeo della propria gloria e del proprio sforzo bellico. All'ombra della Union Jack si sarebbe innalzato, di lì a poco, il vessillo verde a brandelli che gridava Irish Republic.


Un travaglio lungo ottocento anni


La bandiera britannica che fino ad allora aveva garrito al vento dal castello di Dublino, sede del governo inglese nell'isola, portava con sé l'eredità di quasi otto secoli di storia irlandese costellata dalla presenza e dalle ingerenze inglesi. L'Irlanda, la cattolicissima Irlanda i cui Celti erano stati convertiti, secondo la leggenda, da San Patrizio (che avrebbe impiegato il trifoglio, simbolo dell'isola, per spiegare la Trinità) si era trovata, dall'XI secolo, ad essere una Signoria sotto l'influenza papale e l'egida del Regno d'Inghilterra. Con quest'ultimo nel 1541 l'Irlanda aveva siglato un patto di cosiddetta unione personale: entrambe le monarchie, quella irlandese e quella inglese, riconoscevano un unico capo di stato, nella persona del sovrano d'Inghilterra. Nel 1603, un processo analogo sancì l'unione anche col Regno di Scozia. Questo, però, nel 1701 confluì con l'Inghilterra nel Regno di Gran Bretagna: ecco allora che l'unione personale del 1541 mutò uno dei due soggetti: si aveva, ora, tra Regno d'Irlanda e Regno di Gran Bretagna. All'inizio del XIX secolo, gli Atti dell'Unione (entrati in vigore a partire dal primo gennaio del 1801) sancirono l'incorporazione del Regno irlandese in quello britannico: questo comportò l'abolizione del Parlamento in Irlanda, poiché ai rappresentanti dell'isola furono concessi dei seggi direttamente a Westminister, come già accadeva per la Scozia.


Un germe di ribellione tra la Guerra d'Indipendenza e la Rivoluzione francese


Nel corso del XVIII secolo, con la nascita del Regno d'Inghilterra e la sua unione con quello d'Irlanda, questa aveva acquisito una relativa indipendenza dal governo inglese. Sul versante politico, la supremazia era nelle mani di una ristretta élite di anglicani, la cosiddetta Ascendenza protestante, al governo sin dal XVII secolo per conto della Corona. La realtà irlandese era , tuttavia, fortemente cattolica: in questo, gli aristoi protestanti attuarono una recisa discriminazione religiosa, messa in atto soprattutto nell'applicazione delle leggi, che non colpì solamente i cattolici, ma anche le minoranze protestanti che professavano una religione non anglicana (come i Presbiteriani). La maggior parte della popolazione inoltre non godeva del diritto di voto, perché questo era subordinato al reddito; i cattolici erano invece esclusi a priori. A rincarare la dose si potevano poi individuare diverse situazioni di limitazione del potere politico dell'Irlanda: la questioni più rilevanti erano di certo la possibilità di veto che la Corona si riservava di imporre sulle proposte di legge irlandesi ed anche la capacità di legiferare per l'isola. I freni posti da Londra all'autonomia dell'Irlanda erano ben più severi rispetto a quelli che si potevano individuare rispetto alle pur lontane colonie americane. La rivolta di queste e la conseguente Guerra d'Indipendenza (1775-1783) fu un l'occasione propizia per cambiare le carte in tavola. I ribelli americani, infatti, ricevettero cospicui aiuti dalla Francia, soprattutto in termini di truppe volontarie. La storica ostilità francese nei confronti del Regno di Gran Bretagna si inseriva ora in un quadro critico, perché lo sforzo bellico britannico era quasi totalmente concentrato oltreoceano contro la ribellione. La lontananza della maggior parte dei reggimenti del British Army e delle navi della Royal Navy rendeva la Gran Bretagna (e dunque l'Irlanda) un bersaglio di relativa facilità ed appetibilità per la grande nemica oltremanica. Per scongiurare l'invasione che si paventava, ai pochi nuclei delle forze armate regolari si aggiunsero milizie, formate dietro richiesta del governo, poste a difesa soprattutto della Scozia e dell'Irlanda. In quest'ultima, nacque la forza degli Irish Volunteers, militi leali alla Corona e pronti a fronteggiare i possibili invasori. La loro presenza accrebbe notevolmente la forza militare irlandese,e il regno poté ben presto avanzare, a fronte di una riconfermata realtà, richieste volte a migliorare la situazione politica. A coronamento di questo, nel 1782 fu promulgata una nuova Costituzione, la quale pose fine tanto alla Poyning's Law quanto al Declaratory Act; dopo alcune insistenze, fu reso possibile ai cattolici con un reddito sufficiente di votare. Fu sulla scia delle nuove libertà raggiunte che i movimenti patriottici e nazionalisti si infuocarono, avanzando richieste mirate ad una sempre maggiore autonomia ed all'abolizione dei provvedimenti discriminatori che ancora permanevano. La Rivoluzione francese del 1789, avvenuta in una nazione cattolica e certamente più vicina rispetto alle colonie che oramai s'erano costituite libero stato, non fece che alimentare la fiamma rivoluzionaria. Questa ardeva a partire dalla Society of United Irishmen (Società degli Irlandesi Uniti, in sigla SUI), fondata a Belfast nel 1791. Di carattere liberale e composta indifferentemente da membri cattolici e protestanti, il suo scopo ultimo era di rompere ogni legame con la Gran Bretagna. Due anni dopo la sua fondazione, cominciò ad operare in clandestinità.


La Rivolta delle picche


Gli United Irishmen (UI) godevano di fama sempre maggiore, ma al capo della Società, Thebald Wolfe Tone (solitamente chiamato Wolfe Tone) appariva evidente che qualsiasi azione su vasta scala poteva realizzarsi soltanto con l'appoggio di una forza straniera. Grazie ai suoi contatti ed alla sua astuzia,a Wolfe Tone non riuscì difficile assicurarsi il supporto del governo rivoluzionario francese. Nel dicembre del 1796 salpò una forza di spedizione francese, guidata dal leader della SUI in persona. I paladini di una libertà che pareva vicina si dimostrarono però, loro malgrado, membri di una seconda Invincibile Armada: le navi francesi, infatti, riuscirono ad eludere la blanda sorveglianza della Royal Navy, ma il ricombinarsi di condizioni meteo sfavorevoli e la scarsa esperienza dei marinai fece sì che la flotta, a poche miglia dalla costa irlandese, fosse costretta ad invertire la rotta e fare ritorno in Francia. Ma il vento di rivolta soffiava ormai forte: il biennio '96-'98 vide disordini diffusi che si accentuarono col '98. Il governo, fedele alla Corona, risposte imponendo la legge marziale (marzo 1798) e scatenando le milizie; si operò il più possibile per accentuare il divario tra protestanti e cattolici, i primi, in genere, più inclini alla fedeltà verso la Gran Bretagna. Il controspionaggio britannico bloccò sin da subito vari elementi di spicco tra gli UI, ma quelli più estremisti riuscirono a sfuggire alle spie e, senza alcun supporto garantito, decisero di dare il via ad una rivolta per il 23 maggio. La sua organizzazione era molto debole, e lo spionaggio inglese conobbe gran parte delle mosse dei ribelli in anticipo. Ciononostante, il 25 maggio si registrarono i primi scontri intorno a Dublino, la cui conquista era l'obiettivo principale della ribellione. Gran parte dei rivoltosi brandiva armi improvvisate, soprattutto perché quelle da fuoco erano state sequestrate in virtù della legge marziale. Particolarmente diffuse, poiché facili da assemblare per i fabbri ed utili anche contro la cavalleria, erano le picche (da cui il nome di Rivolta delle picche). Nonostante un gran numero di sconfitte, i ribelli riuscirono ad opporre una tenace resistenza, sfruttando la compiacenza della popolazione e le tattiche di guerriglia. Dopo diverse vittorie dei rivoltosi nel sud dell'Irlanda, la risposta delle truppe governative fu decisiva. Alla fine di agosto, le poche sacche di resistenza capitolavano l'una dopo l'altra. A poco servirono due spedizioni di volontarî francesi in aiuto degli United Irishmen: nel primo caso, la forza sbarcata si unì ai rivoltosi e dapprima sconfisse le milizie governative ma fu sopraffatta dai rinforzi; nel secondo caso, le navi coi volontarî, alla cui guida c'era sempre Wolfe Tone, vennero intercettate dalla Royal Navy e costrette alla resa. Tristi simboli della fallita rivolta furono la atrocità perpetrate da ambo gli schieramenti ai danni sia dei prigionieri, sia della popolazione civile. Fonte di nuovi martiri furono le numerosissime esecuzioni di ribelli, molte sommarie, diverse a seguito della corte marziale (soprattutto nei confronti dei capi della rivolta). Lo stesso Wolfe Tone, arrestato e processato, riuscì a suicidarsi e ad evitare per poco l'impiccagione. Se la guerra per la libertà era perduta, la speranza rimaneva e la fiamma patriottico-nazionalista continuava, tacitamente, ad ardere. Giunsero ben presto ad attizzarla i già citati Acts of the Union (Atti dell'Unione, 1801), dirette conseguenze della rivolta che sancirono l'inglobamento dell'Irlanda nel Regno di Gran Bretagna, la quale cambiò quindi la denominazione in Regno di Gran Bretagna ed Irlanda. L'isola aveva perso il proprio parlamento e, di fatto, ogni brandello di indipendenza.


Il triste Ottocento e le soglie del Novecento


When boyhood's fire was in my blood,

I read of ancient freemen

for Greece and Rome, who bravely stood

Three hundred men and three men

And then I prayed I yet might see

our fetters rend in twain,

and Ireland, long a province, be

a Nation Once Again!


(Thomas Osborne Davis, A Nation Once Again, vero e proprio inno del movimento nazionalista, scritto intorno al 1840)


L'Ottocento irlandese si aprì sull'inglobamento con la Gran Bretagna. Fu avviata una sorta di Restaurazione e ritornò la supremazia protestante e, di conseguenza, la discriminazione contro i cattolici, che fu ancora più accentuata. Gli anni Quaranta del XIX secolo sono, nella storia irlandese, indissolubilmente legati ad un nome, quello della Grande Fame. Così viene definito il periodo di carestie che colpì l'Irlanda tra il 1845 ed il 1853, dovuto a fattori climatici ma soprattutto legati alle mancate riforme agrarie, che condussero ad un tracollo nella produzione delle patate, fonte di sostentamento di gran parte della popolazione, perché economiche ed adatte al poco fertile suolo irlandese. La Grande Fame spinse moltissimi irlandesi ad emigrare e cercare fortuna in America, e tanti altri emigrarono per questioni religiose oppure vennero deportati nei possedimenti britannici oltremare (Australia in primis), una pena che il governo inglese impose a chiunque venisse giudicato colpevole di furto, anche modestissimo, di generi alimentari. Mentre il resto dell'Europa era infuocato dai moti rivoluzionari del 1848, l'Irlanda era tutta nelle morse della Grande Fame; il Quarantotto irlandese si realizzò, in pratica, quasi solo simbolicamente, con una tentata ribellione di un piccolo gruppo di nazionalisti che sfociò in una rivolta grossolana, dispersa senza spargimenti di sangue. Il nazionalismo e il malcontento irlandese rispetto al malgoverno britannico si esprimevano tanto per vie clandestine quanto per vie legali. Negli anni Ottanta del XIX secolo, emerse la figura di Charles Stewart Parnell, capo del Partito Parlamentare Irlandese. Propose molte riforme di carattere liberale, ma vennero tutte respinte, spesso al termine dell'iter per farle approvare. Decadde dopo diverso tempo, tanto per ragioni politiche (il suo partito si scisse) quanto per motivazioni personali (quali ad esempio un divorzio). Nacque, nel frattempo, un folto numero di organizzazioni di carattere nazionalista (ma spesso estraneo all'estremismo), volte soprattutto alla riscoperta della cultura celtica (e quindi di quell'identità che nei secoli s'era adombrata). Coinvolto in queste associazioni era anche il poeta William Butler Yeats (premio Nobel per la Letteratura nel 1923 per la sua “poesia ispirata che dava forma ad una intera nazione”). Risaltavano soprattutto la Lega Atletica Gaelica e la Lega Gaelica; i sentimenti patriottici erano poi riuniti nel periodico Sinn Féin (che in gaelico irlandese significa antica tradizione), tanto che il titolo del giornale fu ben presto usato per definire, nel loro complesso, i nazionalisti irlandesi.


Alle soglie dell'Easter Rising


Nel 1912, il Primo Ministro britannico promulgò il Third Home Rule Bill, terzo ed ultimo atto di un processo giostrato dai rappresentanti irlandesi che, dopo venti anni dal First Home Rule Bill, ottennero un proprio autogoverno (un Home Rule, appunto). Le critiche, stavolta, giunsero dalla frangia estremista degli Unionisti, di coloro, cioè, che si dicevano fedeli alla Corona (spesso perché protestanti, o per ragioni economiche e politiche) e che supportavano in toto l'unione del 1801. Questi nel 1913 si organizzarono in un gruppo armato, l'Ulster Volunteer Force (UVF, l'Ulster è il nome tradizionale dell'Irlanda del Nord, regione in cui si concentra la maggioranza protestante ed unionista). L'improvvisa presa di posizione unionista motivò la controparte: dall'Irish Republican Brotherhood, società clandestina e più estremista tra i feniani, nacquero gli Irish Volunteers (nessuna correlazione con la milizia omonima nata in Irlanda nel Settecento). In seguito agli eventi di uno sciopero operaio a Dublino che sfociò nella violenza, nacque anche l'Irish Citizen Army. La militarizzazione della politica irlandese passò quasi del tutto inosservata grazie allo scoppio della Grande Guerra. Questa creò un'ulteriore disputa: Londra, infatti, pretese che la coscrizione obbligatoria venisse imposta anche all'Irlanda se questa, in cambio, avesse voluto l'autogoverno. La stessa Irish Republican Brotherhood si divise riguardo al collaborare o meno con lo sforzo bellico inglese: lo scisma risultante lasciò gli Irish Volunteers a perseguire la causa nazionalista. Un mese dopo la dichiarazione di guerra della Gran Bretagna contro la Germania, si formò il comitato segretissimo che decise di organizzare una rivolta prima che la guerra finisse, cercando di richiedere il maggior aiuto possibile alla Germania, ora nemica del Regno e di certo interessata ad una possibile invasione di questo, che avrebbe significato la vittoria. Tra gli elementi di maggiore spicco nella causa nazionalista, Tom Clarke e Seán MacDermott furono sin da subito incaricati di pianificare la rivolta; l'organizzazione militare fu affidata a Patrick Pearse, coadiuvato da Joseph Plunkett (capo delle operazioni militari) e Thomas MacDonagh (incaricato di addestrare gli uomini che avrebbero preso parte alla rivolta). In aiuto di Plunkett circa la possibilità di aiuti tedeschi venne Roger Casement, appassionato sostenitore dei feniani e grande diplomatico (aveva il titolo di baronetto). Questi si trovava in America durante le prime fasi della pianificazione, ma riceveva costanti informazioni dalle associazioni nazionaliste irlandesi che non mancavano negli States. Inizialmente, riuscì ad accordarsi con la Germania circa un piano di sbarco in Irlanda: si sarebbe attuata una ribellione a Dublino, facendovi convergere il grosso delle forze britanniche disponibili, mentre le truppe tedesche sarebbero sbarcate altrove, riuscendo quindi con facilità a consolidare le posizioni. Mentre si discutevano questi e vari aspetti, James Connolly, capo di quanto era rimasto dell'Irish Citizen Army, fu persuaso, poiché più volte aveva minacciato di dare il via ad una ribellione con la sua sola associazione, ad aggregarsi agli altri sei membri capitanati da Pearse.

Questi ordinò, con una terminologia studiata ad hoc per tentare di eludere il controspionaggio inglese, di porre in essere la rivolta per domenica 23 aprile, il giorno di Pasqua. L'ordine venne però annullato quando una nave tedesca carica di armi destinate ai ribelli venne intercettata dalla Royal Navy e costretta all'autoaffondamento. Casement sbarcò in Irlanda da un sottomarino tedesco ma fu avvistato e catturato e gli specialisti della marina britannica intercettarono le comunicazioni del baronetto con l'ambasciata tedesca negli Stati Uniti (che nel 1916 erano ancora neutrali), da cui appresero anche la data del 23 aprile come giorno per una non meglio specificata rivolta nazionalista. L'informazione arrivò al governo inglese dell'Irlanda, ma la sua accuratezza fu messa in dubbio.


L'Easter Rising


Right proudly high in Dublin town,

they flung out the flag of war;

'twas better to die 'neath an Irish sky

than a Suvla or at Sud El Bar;

and from the plains of Royal Meath

strong men came hurring through,

while Britannia's Huns with their long range guns

sailed in through the foggy dew...


Lunedì 24 aprile, un giorno dopo la data prevista, i circa milleduecento Irish Volunteers si riunirono a 400 membri dell'Irish Citizen Army di Connolly, che divenne capo delle operazioni militari per l'intera durata della rivolta. I Volontarî conquistarono diversi centri nevralgici di Dublino, soprattutto le industrie e il municipio. Il Castello di Dublino, sede del governo, riuscì a chiudere le proprie porte prima che i ribelli arrivassero. La sede delle operazioni dei Volontarî divenne il GPO, l'Ufficio Centrale delle Poste di Dublino. Davanti a questo edificio, sul cui tetto furono innalzate due bandiere verdi con la scritta Irish Republic, Pearse lesse la Proclamazione della Repubblica irlandese:

IL GOVERNO PROVVISORIO DELLA REPUBBLICA IRLANDESE

ALLE GENTI D'IRLANDA.


Uomini e donne irlandesi, in nome di Dio e delle generazioni morte da cui riceve l'antica tradizione di stato, l'Irlanda, attraverso di noi, chiama i propri figli alla sua bandiera e lotta per la propria libertà. […] Poniamo la causa della Repubblica irlandese sotto la protezione del Signore Altissimo. Invochiamo la sua benedizione perchè scenda su di noi, e preghiamo affinché nessuno che combatta per questa causa possa disonorarla nella codardia, nell'inumanità o nel crimine. In quest'ora suprema, la Nazione irlandese deve, attraverso il suo valore e la sua disciplina e la prontezza dei suoi figli a sacrificarsi per il bene comune, dimostrarsi degna del destino prestigioso a cui è chiamata.


Firmato a nome del Governo Provvisorio

THOMAS J. CLARKE.

SEAN MacDIARMADA.

P.H. PEARSE.

JAMES CONNOLLY.

EAMONN CEANNT.

JOSEPH PLUNKETT.

Le cinque giornate di Dublino


Il primo giorno della rivolta non vide svolgersi grandi combattimenti, se non nella zona industriale di Dublino, dove caddero i primi soldati inglesi. I Volontarî riuscirono a tenere gran parte delle posizioni conquistate.



Oh! The night fell black and the rifles' crack

made perfidious Albion reel,

through the leaden rain seven tongues of flames

did shine o'er the lines of steel

by each shining blade, a prayer was said

that to Ireland her sons be true,

and when morning broke, still the war flag shook

out its folds in the foggy dew.


Martedì 25, a sera inoltrata, fu promulgata la legge marziale e il governo passò nelle mani dell'esercito. I combattimenti si ebbero in numero assai limitato: se nei primi giorni la ristretta forza britannica si preoccupò di proteggere il solo Castello di Dublino quale sede del governo, nel giro di due giornate giunsero 16.000 soldati inglesi a rinforzare la capitale irlandese, ma questi evitarono lo scontro aperto e preferirono cannoneggiare le roccaforti dei ribelli. I Volontarî, infatti, non si erano preoccupati di conquistare il porto di Dublino e le sue due stazioni ferroviarie, sicché i rinforzi inglesi, e soprattutto le artigliere ed altri equipaggiamenti pesanti, giunsero facilmente a destinazione. D'altro canto, le vie attraverso cui gli Inglesi potevano muoversi erano saldamente difese (in un caso, sette Volontarî tennero testa a più di trecento soldati britannici); ciononostante, il comando inglese ordinò continui assalti frontali. A questa fase della rivolta, erano morti intorno ai dieci Volontarî e almeno una quartina di soldati britannici. L'esercito inglese subì ulteriori perdite tentando di conquistare la roccaforte dei ribelli nella Dublino sud. Si registrarono, sia da parte dei Volontarî che da parte inglese, violenze e saccheggi ai danni della popolazione civile. Particolarmente efferata fu l'uccisione a sangue freddo di sei civili arrestati dall'esercito presso le Portobello Barracks.


La resa


Il GPO fu fatto oggetto di continuo fuoco inglese, soprattutto nella forma di granate sparate da cannoni ed obici campali e, con l'arrivo dei rinforzi, anche da un vascello giunto da Belfast. I capi della rivolta furono costretti ad abbandonare l'edificio, posizionandosi in un complesso dall'altra parte della strada. Vedendo i Volontarî oramai circondati e inferiori per numero e per mezzi, Pearse, sabato 29 aprile, negoziò la resa incondizionata:


Per prevenire un ulteriore massacro dei cittadini di Dublino, e nella speranza di salvare le vite dei nostri seguaci ora circondati e inferiori per numero e senza speranza, i membri del Governo Provvisorio presenti al quartier generale si sono accordati per una resa senza condizioni, ed i comandanti dei vari distretti nella città e nella contea [di Dublino] ordineranno ai propri comandi di deporre le armi.


Il GPO fu l'unica roccaforte ribelle ad arrendersi in seguito ad azioni militari inglesi; le altre si arresero dietro ordine di Pearse e scaramucce tra Volontarî e inglesi si ebbero anche nelle prime ore di domenica 30, perchè la notizia della resa impiegò del tempo a circolare. La rivolta, in realtà, si verificò anche al di fuori di Dublino, in diverse contee (come per esempio a Galway), ma le azioni militari ebbero vita breve.


All'indomani della rivolta


A tutti i Volontarî arresi (ed a tutti i repubblicani, anche solo sospetti, arrestati in seguito) fu accordato lo status di prigionieri di guerra. Furono internati nel Galles e rilasciati, in gran parte, nella settimana precedente il Natale 1916. Ai sette capi della Easter Rising toccò una sorte ben diversa. Affrontata la corte marziale, vennero riconosciuti colpevoli di alto tradimento e condannati a morte. Furono tutti fucilati tra il 3 ed il 12 maggio, i firmatarî dalla Proclamazione ed altre personalità di spicco nella rivolta (tra cui il fratello di Pearse, che fece soltanto la staffetta). Particolare fu l'esecuzione di Connolly, giustiziato il 12 maggio, che, poiché rimasto gravemente ferito durante la rivolta, fu condotto davanti al muro in barella e legato ad una sedia per poter essere fucilato. Roger Casement, il diplomatico che tanto si era profuso perché l'Easter Rising potesse vedere la luce, venne processato a Londra e riconosciuto colpevole davanti alla medesima accusa di alto tradimento. Venne impiccato alla prigione di Pentonville, presso Londra, il 3 di agosto.


Oh! The bravest fell and the requiem bell

rang mornfully and clear

for those who died that Eastertide

in the springtime of the year.

But thru and fro' in my dreams I go

and I'd kneel and pray for you,

for slavery fled, O' glorious dead

when you fell in the foggy dew.


Se il trionfo militare inglese era oramai evidente, la vittoria morale dei Volontarî fu evidente. L'opinione pubblica irlandese, e persino quella britannica ed americana, si scandalizzarono dinnanzi alle esecuzioni sommarie. A centinaia i giovani rinfoltirono le fila dei movimenti repubblicani che avevano promosso la rivolta. The Foggy Dew, la ballata da cui sono tratte le strofe riportate in più punti di questo articolo, è un esempio del nuovo sentimento nazionale irlandese, forgiato nel sangue di quei martiri di Pasqua. Yeats, nazionalista convinto ma poco incline alla violenza, volle celebrare quei ribelli, che combattevano per una “terribile bellezza”:


I write it out in a verse - MacDonagh and MacBride And Connolly and Pearse Now and in time to be, Wherever green is worn, Are changed, changed utterly: A terrible beauty is born.

Marco di Prospero

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