I Fiordalisi – L’incoscienza del letargo
- noxinfecta
- 12 nov 2018
- Tempo di lettura: 2 min
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La raccolta di Mario Famularo L’incoscienza del letargo (Oedipus 2018) inscrive la sua forza nell’adesione a un nichilismo negativo così estremo da permettere di ragionare, senza prevaricazioni ideologiche, sulla condizione dell’uomo contemporaneo, in bilico tra l’essere auto o eterodiretto e sospeso in una definizione identitaria che, prima di potersi collocare tra l’io e il non io, deve necessariamente risolvere il confronto relazionale con gli altri e con le cose del mondo.
Famularo, con un stile scarno, volutamente scelto per ricreare nel lettore, anche a livello stilistico, la sensazione di vuoto che permea a livello concettuale tutta l’opera, conficca il peso dell’esistenza in ogni parola, rimando verbale al dilemma insolubile Chi sono?/Chi siamo?. Fuoriuscendo dall’ambito occidentale di riferimento originario, l’autore apre la sua poesia a culture lontane per luoghi e per credo ricreando, nel lungo viaggio fatto per potervisi avvicinare, una nuova idea di assenza/presenza funzionale a fornire una spiegazione più confortante al non-senso moderno.
Senza punteggiatura, senza maiuscole, senza alcun fraseggio: Famularo rade al suolo con la falce del verso ogni convinzione dell’uomo-automa di oggi, nell’ottica di distruggere ciò che è e resta di una cultura ripiegata su stessa, egotica e sterile, nella speranza di un germoglio nuovo, di una costruzione altra in cui tornino a spalancarsi le porte dell’infinito.
Alessandra Corbetta
L’incoscienza del letargo (Oedipus 2018)
non la vita non l’amore
ma il nulla che precede l’assenza che s’insinua il vuoto che consegue
l’autentica esperienza e non l’aspirazione che crea la sua presenza
il senso delle cose lo avverti nella persona gentile che frantuma l’indifferenza di un istante un sorriso tutto qui banale
il senso delle cose quali cose poi un disordinato pianificare la sopravvivenza
e ogni tanto nelle fratture del progetto si insinuano le variabili del disfacimento
una cortesia imprevista un affetto inaspettato ricompensa l’equazione tra lo zero che annienta e il senso che si sgretola in un’impenetrabile raggiera di possibilità
nella fede nessuno è dispensato dal ricamare nella carne architetture celesti
le mosche tutto intorno la notte senza sogni se non depravazioni trascendenti
moriremo tutti e in fondo non importa
dopo che ogni aspirazione si è polverizzata e dispersa
che ogni valore si è contaminato smarrendo sé stesso ed ogni sembianza di significato
schiantati sulla terra come un mantra celebriamo la speranza per far tacere la disperazione
e quando si è persuasi che la sopravvivenza sia il gioco degli inganni
qualcosa di imprevisto profila uno spiraglio e dall’incrinatura l’abbaglio
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