top of page

L’incoscienza del letargo. Poesie di Mario Famularo - di Luca Cenacchi

  • Immagine del redattore: noxinfecta
    noxinfecta
  • 11 gen 2018
  • Tempo di lettura: 4 min

Riporto l'intervento pubblicato sulla rivista online Argo, che potete trovare qui.

 

L’autobiografismo è la naturale conseguenza della commercializzazione della lirica. E il suo effetto è l’allontanamento della poesia dalla realtà, sostituita da mitologie private (nonni, mamme, parenti, ecc.), ben identificate da Andrea Gibellini il 23 novembre 2017, durante il laboratorio Lavorare sulla poesia, oggi, organizzato da Argo al Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Università di Bologna.


Dal punto di vista sociologico l’ultimo ventennio del Novecento è fondamentale per comprendere come le forme di molta poesia contemporanea siano coerenti prodotti delle modificazioni sociologiche della società di massa. Se caratteristica fondamentale degli anni 1950, ’60, ’70 erano le ideologie di massa, che in parte supplivano ad una crisi identitaria, nelle ultime decadi esse vengono sostituite dall’eterodirezione e dal narcisismo, il quale diviene strumento di individualizzazione di massa e identificazione collettiva sulla base del consumo dei beni, secondo quanto afferma Andrea Millefiorini nel saggio Società di massa e società di individui, in Individualismo e società di massa (Carrocci 2005).


Mario Famularo, avvocato triestino di origine napoletana, è un’eccezione rispetto al panorama appena tratteggiato Il suo libro L’incoscienza del letargo, di prossima pubblicazione per i tipi di Oèdipus, è un’opera prima che affonda le radici nel dibattito sul nichilismo nato nel corso del 1900 in Giappone.


La scuola di Kyoto, fondata dal filosofo Kitarō Nishida, propose un nichilismo positivo che aveva l’obiettivo di risolvere i problemi nati dalla bipartizione dell’ontologia occidentale tra essere e non essere, con una decostruzione funzionale: facendo leva su principi del taoismo e dello zen, i filosofi della scuola di Kyoto mostrano come il vuoto non sia altro che un costituente del mondo. Il Giappone, non concependo la bipartizione ontologica, è portato a percepire l’esistenza come un flusso piuttosto che considerare la morte la fine dell’ente e dunque il non essere come assoluto negativo.


Famularo rappresenta nel corso del libro non soltanto questo flusso, ma anche il processo di accettazione da parte dell’io di questa nuova condizione: processo che può compiersi solo attraverso l’annientamento della precedente struttura mentale. Il poeta dimostra di saper giocare sulla duplice valenza che il vuoto ha per il lettore occidentale e, dunque, lo pone in equilibrio su un filo sottile.

Solo gradualmente il vuoto si rivelerà un costituente del mondo, rimanendo per gran parte della raccolta un finto negativo la cui esistenza avrebbe come unico effetto quello di corrodere tutte le sicurezze tradizionali dell’uomo occidentale.


Tematiche caratteristiche di certi componimenti, quali la malattia, le piaghe, il cupio dissolvi, ecc., non sono da interpretare come una deriva decadente, ma come operatori del vuoto, i quali hanno la funzione di mettere l’individuo innanzi all’inevitabilità del destino umano, ponendo la decostruzione come necessità esistenziale.


L’autore, cosciente dell’immaginario narrativo e poetico che prima di lui ha prodotto la società borghese e consumistica, offre un immaginario diverso. Dalla trasfigurazione della città in un formicaio brulicante di automi Famularo passa alla rappresentazione del vuoto individualista che separa le persone. Questo elemento, doppiamente caratterizzato, è tanto un tarlo inserito nell’edificio occidentale dei rapporti umani tradizionali quanto una benedizione, poiché è proprio a causa del tarlo stesso che l’edificio ormai pericolante crollerà, costringendo così l’io non soltanto all’accettazione del principio nullificante ma anche all’eventuale ricostruzione.


Dal punto di vista linguistico Famularo si distanzia ironicamente dalla generazione cui appartiene. Lo

scheletro linguistico è la lingua d’uso con la sua intonazione colloquiale, che viene disarticolata talvolta attraverso l’uso di ambiguità ed etimologie che complicano il registro. Su questa sfumatura tonale si innestano le contaminazioni tecnico-scientifiche e filosofiche taoiste, con le traslitterazioni degli ideogrammi che aumentano ulteriormente la caratteristica straniante di alcuni passaggi. Allo stesso tempo Famularo conferisce al dettato poetico una precisione tagliente che concorre a formare la cifra del suo stile.


Luca Cenacchi

 

la strada un solco di vestiboli incrinato sotto il peso del formicaio che sgorga


tra le pieghe dei vestiti un ricordo di ammorbidente le coperte smosse dal primo caffè


è tardi tra i marciapiedi sporchi le vetrine stropicciano lo sguardo ai passanti che evitano ogni cosa


buongiorno, tutto bene circospetta noncuranza il tempo trasuda troppo sporco nei tombini


la sera non distende le nevrosi cittadine nel tramonto troppo bianco è il silenzio la finzione più accogliente


l’odore dell’assenza si ravviva col riposo nella contemplazione di un mondo senza l’uomo


riesco quasi a carezzare la mancanza

 

gli occhi moderni drappeggi di luci artificiali l’esperienza della vista sedentaria la pigrizia di una ricerca insignificante


il risultato della conoscenza del viaggio l’immediatezza della percezione mediata dalla macchina


e crepita tra le fessure invisibili dissimulate, incorporee la vertigine dell’assenza che si è fatta endemica


il bisogno di spegnere tutto ricevere il desiderio del silenzio assaporare l’aspirazione deviata alla rinuncia per dormire, finalmente


e sentire scivolare addosso confortevole uno sterminato senso di vuoto

 

senza memoria o aspettative l’uomo si converte a un vegetale


l’eterna percezione del presente


eppure quel ricordo rimescola le ombre nel sogno di un’eclissi trascendente


e quelle proiezioni che si spingono radianti che allungano la presa schifose


un fiore è disumano ma molto più terrestre

 

dopo che ogni aspirazione si è polverizzata e dispersa


che ogni valore si è contaminato smarrendo sé stesso ed ogni sembianza di significato


schiantati sulla terra come un mantra celebriamo la speranza per far tacere la disperazione


e quando si è persuasi che la sopravvivenza sia il gioco degli inganni


qualcosa di imprevisto profila uno spiraglio


e dall’incrinatura l’abbaglio

 

condividere la progettualità delle intenzioni


connettere le strade in meccanismi di tutela


se accade è cosa rara un caso fortunato che tende alla reciproca assistenza


a volte lo smarrirsi nel pensiero ti contiene


l’istinto quasi saggia la fibra del legame


l’ansia di risolvere la vita in uno spasmo


si snoda nel contatto e nel rimpianto fragile di una riparazione

 

tra corpi confinanti i punti di contatto tratteggiano distanze


tendersi la mano risalta tutti i vuoti


che insistono tra masse risonanti nel respiro


l’insufficienza logica della corrispondenza


e la disperazione nel sistema degli spasmi


convince di insperate tenerezze e simpatie


ignora tutto il nulla che continua a separare


 
 
 

Post recenti

Mostra tutti
Post recenti

© 2015 - Tutti i diritti riservati - Sito creato da Mario Famularo

bottom of page